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savorelli marchese achille

remo in queste brevi pagine la vita, siccome del numero di coloro, che dopo la redenzione di Roma fu assunto all’ufficio di Consigliere comunale. —

Discendente adunque dai Savorelli di Forlì, nasceva egli in Roma nell’anno 1829, e crebbe sotto la scorta di virtuosissimi genitori, nella più alta educazione compito, dello studio amantissimo, e sin dai primi suoi anni dimostrò perspicace l’ingegno, e il cuore bellissimo e gentile. — Alla Romana Università si perfezionò negli studi, e vago fu sempre di attingere sua mente alle fonti del sapere, e di rendersi un giorno utile alla patria, che vedeva sventurata e schiava, e per la quale sentì sempre vera passione d’amore. — Disse Pellico «per amare la Patria con vero allo sentimento, dobbiamo cominciare dal darle in noi medesimi tali cittadini, di cui non abbia ad arrossire, di cui abbia anzi ad onorarsi.» Ed il Savorelli informato appunto a questo sentimento, in tutte le sue opere, il fine ebbe sempre di tornare d’onore a se stesso e alla patria. — Egli udì gli altissimi accenti, che mandava agl’italiani un illlustre patriota; «stringetevi tutti in un vincolo di fratellanza: senza libertà voi non potete compire alcuno dei vostri doveri. — Voi avete dunque diritto alla libertà e dovere di conquistarla in ogni modo, contro qualunque potere la neghi... Siate liberi, come l’aria delle vostre Alpi; liberi, come le brezze dei vostri mari; liberi, per seguire i capi, i quali osino e sappian guidarvi... la gloria dei giovani sta nel grido che i loro padri bandirono al mondo: libettà e pace ai popoli.» — Epperò appena nel 1848-49 divampò l’incendio di guerra, che aveva per iscopo la cacciata degli stranieri dal suolo italiano, sentì fortemente ebollire il sangue nelle vene, nè si ristette dal prender le armi, e fu uno dei giovani combattenti, che foce parte del Battaglione Universitario. — Ma son sempre aperte quelle pagine di storia sanguinosa, che ci svelano le teocratiche vergogne, e le galliche tracotanze e vituperazioni, onde Italia dovè nuovamente piombare nella gogna del servaggio, e aspettare ancora lunghi anni che il corso trionfale della civiltà e del progresso la togliesse agli affanni durati, e il popolo italiano, smembrato e tradito, si riunisse e affratellasse, e redimendo la patria, la facesse libera ed una. —

Il Savorelli aspettò con desiderio d’anima italiana i giorni della suprema riscossa, e allorquando i fati d’Italia la traevano sulla via della libertà, e finalmente la coronavano con Roma capitale, egli stese l’abbraccio dell’anima a tutti i patrioti, e da quel momento l’idea di vedere il proprio paese al seggio di grande nazione, gli raddoppiò lena per guadagnarsi coll’ingegno e coll’oprare, onoranza sempre più bella tornando di utilità alla patria in tutto quanto per lui fosse possibile. —