Pagina:Biografie dei consiglieri comunali di Roma.djvu/197


renazzi cav. emidio

sato per il presente, perchè la vita con i suoi bisogni, e le esigenze sue attira con sempre maggior forza mano mano che la civiltà rende difficoltoso il soddisfare le necessità naturali non che le fittizie. Ciascuno adesso, quale più quale meno preferisce la strada, la casa, la stanza vasta e baciata dal sole e dall’aria, a quei severi monumenti che sono miracoli di arte, servono a tutti di ammirazione, ai alcuno di uso e vantaggio. - Le basiliche, gli archi, le colonne sono mute di affetto dinnanzi allo stomaco vuoto. Una volta si costruivano que’ palazzi, e quei templi e quella selva di cattedrali che pareano Titani spingentisi verso il cielo, ma v’erano poi le vie oscure, tetre, tortuose, immagini del tempo, perchè in allora le città si compendiavano nella chiesa, nel palazzo, nella piazza, sembrando che si temesse il largo, quasi che le idee per allargarsi potessero trovare contrasto nelle mura fra le quali nascevano.

Difetti e molti avrà pure il nostro tempo, però qualche cosa in più si fa per rendere meno disagiata la esistenza. Allora v’erano campanili che parea forassero le nuvole, ma non canali sotto terra per le acque, e per raccogliere e far trasportare lontano le immondezze: v’erano nei palazzi sale vaste quanto non potrebbero in oggi misurare le piazze, ma ripiene di cortigiani e valletti che attestavano la grandezza del signore, giammai i retti provvedimenti. Le meraviglie il secolo oggi le fa più per il traforo del Moncenisio che per la mole di san Pietro, per il canale di Suez anziché per l’Escuriale.

Il Renazzi tutte siffatte cose sapeva, e nel proprio uffizio assai adoperossi perchè potessero ridursi in atto le idee tendenti al miglioramento nelle condizioni del vivere. - Ma ecco sorgere la idolatria archeologica, e dai ruderi colossali dell’anfiteatro Flavio fino ai più piccoli frammenti di colonne che si discovrivano ad ogni smoversi di terra l’amore all’antico si ridesta, si rinfiamma, e prima di ridurre Roma una città di comoda abitazione per i vivi, la si vuole un grande museo per gloria dei morti. - Da ogni punto d’Italia irrompono a torme a torme i novelli abitatori, e ciascheduno loda e celebra ed esalta il luogo lasciato; chi rimpiange le fabbriche di Torino, dove non si avvertono le abitazioni dei poveri relegati nelle soffiette; chi risogna la politezza di Milano, chi domanda le piazze fiorite di Firenze, e quale rammenta la ridente marina di Napoli, e per poco non si vorrebbe che Roma perchè capitale riunisse i ghiacciai del Moncenisio ed il cono fumante del Vesuvio. E fra l’universale gridìo, ecco lamentanze per il caro vivere e perchè le pigioni sono a prezzi di favola, e perchè mancano le case a seconda delle classi; posciachè Roma in passato le famiglie religiose albergando, ed i ricchi abitatori di oltr’alpe e di oltre mare accogliendo, siccome quelli che nel verno quivi accorrevano a godere il dolce clima ed a molto spendere, a tali costumanze di vita aveva provveduto, non già a quelle classi e di poveri impiegatelli che lo stipendio appena sfama nella mattinata, e di quelli tanti che entrarono nella capitale ricchi di sogni ma sprovvisti