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poggioli pietro

alla battaglia del Silo insieme al prode Antonini, e benchè in mezzo allo splendore delle armi italiane incominci ad agitarsi una nube avversa, che si parte dal Vaticano, purtuttavia il Poggioli torna alla l.ª Legione, e combatte una feroce battaglia a Vicenza. — Sorge la Romana Repubblica, e gli animi dei patriotti ardono viepiù sempre per la libertà della patria. — Il Poggioli è promosso al grado di ufficiale nella stessa Legione. — A Torre del Greco è fatto dai soldati del Borbone prigioniero insieme ad Amedei, ma indi tornato libero, corre a combattere nella memoranda giornata del 30 Aprile 1849 sotto Roma, e presso Velletri. — Lo scettrato di Napoli, a rovina della patria, e a puntello del papato temporale, manda le sue milizie italiane a combattere i fratelli italiani, e il sangue corse a larga vena sulle pianure romane. — Il Poggioli avendo di sè levato bellissimo il nome, e per il valore spiegato nelle battaglie, e per le sue cognizioni anche nell’ingegneria, fu trasferito ufficiale nel Corpo del Genio e Zappatori, e si diè tosto ad occuparsi della difesa di Roma, fra il 3.° Bastione e Porta S. Pancrazio, chè verso Roma drizzava sue ali l’avoltoio francese, per aggredirla co’ suoi artigli e farne quindi teocratico pasto. — E la nefasta ora sorvenne. — E la istoria scrisse a caratteri di sangue l’alto vituperio di Francia, e di Colui, che rappresentando Iddio, s’assideva sul trono bagnato d’umano sangue, e il sacro piede ponea sul corpo de’ cadaveri italiani. —

Restauratosi il papale dominio, davasi il Poggioli ad esercitare di nuovo agronomia, e attendeva dalla maturità dei tempi il trionfo della causa italiana. —

Fermo nella fede di sincero repubblicano, credè ai suoi principi non venir manco, accettando la fusione del suo partito con quello Monarchico costituzionale piemontese, allo scopo di costituire l’unità d’Italia, e sottrarla al giogo straniero. — E di vero stretto sempre alle proprie convinzioni, per quel fine supremo agì sempre in accordo, e vide arrivare il 20 Settembre 1870, come il giorno preparato dal sangue dei martiri, aspettato con lungo sospiro dagli italiani, affrettato dal popolo con le sue rivoluzioni. —

Ma noi domanderemo con Vico, e che ottenne il popolo colle sue vittorie? — Emancipazione — Egli non è più nè muto nè cieco; ha occhi per vedere i suoi cenci, la voce per protestare la sua miseria; egli ha infranta la sm catena, ma è ancora nella sua prigione, è ancora inviluppato nel vecchio sistema della forza; la Società è organizzata a profitto degli antichi padroni: ai poveri il lavoro, ai ricchi i piaceri; al popolo il genio, al proprietario il comando: al popolo l’industria, al capitalista i frutti. La plebe geme ancora sotto il feudalismo della proprietà, essa è serva ancora nelle fabbriche, come lo era sulla gleba. —