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massimo duca mario

Nella sua Roma intanto proclamatosi il governo della Repubblica gli avvenimenti precipitavano giù per la loro china fatale e coll’intervento francese e col ritorno di Pio IX sul seggio pontificio, chiudevasi il dramma politico.

E poichè l’amore del luogo natio spronava il Duca Massimo e la dolcezza di ritrovarsi nei patrii lari e di rivedere persone care, insieme alla dilettissima sua sposa Maria Ippolita nata Boncompagni-Ludovisi Principessa di Piombino, donna pia, gentile, affettuosissima, ornata di ogni più bella virtù della monte e del cuore, che gli fu sempre fi la ed amorosa compagna, si decise a far ritorno in Roma — Epperò accogliendo l’amnistia del pontefice rientrava nella sua terra natale con la più bella festa dell’anima, con la più soave compiacenza di quanti il conoscevano, chè se taluno faccagli colpa del suo ritorno a Roma accettando la grazia del Papa, noi crediamo invece andare grandemente errati coloro, i quali misurano a falsa stregua l’onesto e sapiente cittadino, l’uomo che unicamente al suolo che lo vide nascere, e alla patria che gli diede Iddio l’ingegno consacra, c sua opera rendo utile. — E di vero taluni alla larva di liberale riguardano, e soltanto applaudono a quelli che sanno meglio sostener le apparenze, e lo simulazioni politiche adoperare, e col vacuo suono della voce, piuttostochò colla potenza dell’azione, con hi grandezza dell’ingegno, con le illustri virtù esercitarsi. — No, non fu il Duca Massimo uno di quei liberali, di che il nostro Giusti con il linguaggio di una satira eterna parla nel brindisi di Girella, no, non fu di quelli che dicono

Io nelle scosse Da dieci o dodici Rubando lampade,
Delle sommosse, Coccarde in tasca. Cristi e pianete,
Tenni, per ancora Se cadde il prete Case e poderi
D’ogni burrasca. Io feci l'ateo. Di Monasteri.

Egli non si diè a sbraitare vanamente, ad indossare la veste politica a più colori, ad inchinarsi dinanzi a taluni burbanzosi, che poverissimi della mento avean fatto sgabello di ogni vituperio, di ogni più brutta vergogna per salir sublime. — Noi vediamo il Duca Massimo tornato in Roma non ad altro dedicarsi clic all’amministrazione pubblica, imperocchè uomo di grandi cognizioni o di lunga sperienza ben sapeva che la felicità di uno Stato dipende dal prosperamento delle finanze, dalla buona amministrazione, dall’onesto ordinamento della cosa pubblica, e che a questo edificio l’onesto e sapiente uomo amante del proprio paese dee portare la pietra della sua intelligenza. — Ogni partito, ogni classe di cittadini, lo ebbe in grandissima stima e fece reverenza al suo ingegno e andò da tutti lodato per la rara abilità amministrativa e per la onestà senza pari, che egli rivelò nei diversi incarichi, cui fu chiamato. —