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avv. raffaele marchetti

sì lodata rinomanza che nel 1855 il Ministro Mertel lo nominava Aggiunto alla Procura dei Poveri, e nell’anno 1866 era promosso alla nomina effettiva di Procuratore dei Poveri. —

Di splendido ingegno e di vasta dottrina, siccome egli è, raccoglieva trionfi nel Foro penale, in cui la sua voce tuonava con sceltissimo eloquio, con robustezza di stile, e le sue orazioni sapea all’uopo con attico sale condire, e la mordacità della parola, che anco nello scritto adoperava, pungeva a guaio, e sovente giovava a strappare il filo della condanna, che pendeva sul capo dell’accusato. — E fu perciò che s’ebbe ammonizioni e sospensioni in molte difese di cause criminali. — E di fatti, alloraquando la famosa causa difese del Marchese Giampietro Campana, il quale era sotto l’accusa di peculato per la somma di scudi 900,000 commesso nel S. Monte di Pietà di Roma, il Marchetti per l’acre causticità dello sue difensive orazioni, n’ebbe dal Tribunale una sospensione all’esercizio d’avvocato per tre mesi, come’altra sospensione fu contro di lui pronunciata dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari per la difesa di un prete. —

Correva l’anno 1868. — Nel fondo delle prigioni politiche di Roma giacevano onorandi patriotti, e cittadini che nella insurrezione del 1867 tentarono la liberazione di Roma da un governo, che si reggeva sulla punta delle baionette straniere, e sulla ferocia brutale di pochi sgherani venuti d’oltremonte e d’oltremare. — Tra quei detenuti stavano Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti imputati d’aver dato fuoco alla mina, che fece crollare una parte della Caserma di Serristori nel momento che doveva scoppiare la interna ed esterna insurrezione, per rivendicare Roma a libertà. — Ma è nota la storia dei dolorosi avvenimenti, che si compierono a Monterondo, a Mentana, a Villa Glori. Noi ci affrettiamo a dire che la difesa del Monti fu affidata al Marchetti, il quale adoperò tutti gli sforzi dell’ingegno e dell’eloquenza, e tentò suscitare nel cuore dei Giudici il commovimento degli affetti per involare almeno all’estremo supplizio quell’anima italiana. — Ma indarno! — I Magistrati della Consulta sotto l’incubo papale, sordi ad ogni più potente ragione, ad ogni affetto gentile, ad ogni umana pietà, decretarono la morte del povero Monti. — E la bipenne troncò la sua testa e quella dell’infelico compagno Tognetti, e il sangue degli uccisi sprizzò sul capo del Papa, e la faccia di Dio, di cui si vuol chiamare Vicario, s’oscurava di certo, perocchè Dio è banditore del perdono, onde anche ai colpevoli, anche a chi l’uccideva perdonava. —

La decapitazione di quegli infelici è stato l’ultimo legale assassinio, l’estremo inumano spettacolo della pena di morte offertosi al guardo dei Romani. —