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lorenzini cav. augusto

negati, di traditori, di uomini anima e corpo venduti alla nequizia del prete, era fatto segno a persecuzioni continue, a vessazioni diuturne. — A lui non solo era ingiunto il così detto precetto politico, col quale faceaglisi ingiunzione di ritrarsi in sua abitazione non appena veniva la sera, e non uscirne se non dopo che era sorto il giorno, ma era pur colpito dalla sedicente Censura e destituito quindi dell’impiego ch’egli occupava nell’amministrazione delle Poste. — Ma non perciò la gagliarda anima del Lorenzini si scosse, e la forte tempra venne manco, che anzi di novella forza, di lena maggiore si invigorì, onde non cessò egli dalla congiurazione contro la mala signoria del prete, contro il papato temporale, contro la straniera prepotenza. — Il perchè correndo l’anno 1853 era egli imprigionato siccome reo di cospirazione politica, ed era quindi dalla così detta S. Consulta condannato a venti anni di carcere duro. — Aveva già scontato tre anni di quella pena, allorachè eragli questa commutata con f esilio perpetuo, e al risvegliarsi poscia del popolo italiano alla suprema riscossa del 1859, potè così prender parte ed operare pur egli al conseguimento del fine lungamente sospirato — là libertà, unità e indipendenza di Italia. — Però fremeva nel petto per la liberazione di Roma, chè senza questa parsagli malaugurosa la compiuta rivendicazione delle altre terre italiane. — Quindi fu che insieme agli esuli romani, e a tutti i patrioti la magnanima insurrezione si meditò, che portasse Roma sul capo d’Italia, posciachè il governo italiano non s’accingeva all’opera reclamata dal diritto del popolo romano, dalla unità e indipendenza della patria. — E postosi a capo il condottiero dei valorosi, il mito delle battaglie, il Generale Garibaldi, al grido, o Roma, o Morte, la pih balda gioventù, i più ardenti patrioti correvano alla gloriosa conquista. E tra questi si distinse ancho il Lorenzini, che contro le bajonette francesi, e i satelliti del Papa sui campi di Mentana, strenuamente combattendo, cadeva ferito. — Ma era destino che l’astro della libertà non dovesse ancor sorgere ad irraggiare la capitale d’Italia. —

Non lungi da Rieti stà un castello denominato Contigliano, nel quale dimorava il Lorenzini innanzi di partire alla spedizione di Roma, e quivi lasciò la sua sposa dilettissima Angelica, sorella di quel Mattia Montecchi, che ha pur gloriosa la pagina sulla storia d’Italia — Quella donna, che al nome ben rispondeva con le opere veramente di angiolo, nel mentre sentiasi felice che il proprio sposo combattesse per la libertà della patria, che pur ella amava tanto, provava nondimeno un senso d’indefinita angoscia, di affanno incompreso. — Era forse un funesto presentimento del suo cuore. — Difatti appena in sull’uscio della casa le si offerse allo sguardo lo sposo, malreggentesi sulla persona, e pallido nel volto per la recente ferita, tanta era la piena dell’af-