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vincenzo galletti

muri delle case con le scritte di grossi capitali, agli ultimi avventurieri smaniosi di subiti guadagni, quale più quale meno trovossi in brutta pania, mentre gran parte della romulea gens anzichè rimanere spennata scodava senza certo scrupolo alla politica, chè quando s’affaccia l’interesse è costumanza generale mettere il bavaglino anche alla coscienza.

Ciò tutto però portava un guaio gravissimo più che non si potesse credere nella amministrazione della pubblica cosa: quà le esigenze del governo, le fiscalità, gli aggravi enormi suscitavano il malcontento, infermavano lo sviluppo economico ai primi passi; là i bisogni cresciuti, le imperiosità di tempi, di circostanze, di persone rendevano necessari i sacrifizi, ma spesso inefficaci al conseguimento del pubblico e privato bene.

Vincenzo Galletti assumendo nel 1872 la direzione dell’ufficio 3° municipale, trovossi dinnanzi alla sfinge ed al cerbero finanziario. Nel luglio 1873 esso presentava la propria relazione sulla situazione finanziaria del Comune di Roma, severa, arcigna come può essere un calcolo matematico dal quale fatto e rifatto si ritrae sempre nella somma che leggerezza ed imprevidenza sarebbero cattive consigliere in ogni circostanza, pessime poi quando s’abbia siccome in Roma sbilancio assoluto nelle classi sulle quali più accuratamente deve invigilare l’occhio del pubblico amministrare. Il Galletti addimostrossi in questa penosa situazione uomo almeno di coscienza con il franco dire, siccome ne fa fede qualche periodo che stralciamo da tale relazione....

«Non ho bisogno, onorevoli Colleghi, rammentare che senza la buona finanza regolata dal principio dell’equilibrio fra l’entrata e l’uscita, il disordine e la rovina nell’economia Comunale ne sarebbero la conseguenza. Il Comune è una grande famiglia, all’amministrazione della quale noi siamo preposti; il suo stato economico attira tutti i nostri studi onde essò proceda ordinatamente, e senza quei disturbi e quelle scosse a cui purtroppo si alligano gl’interessi ed il benessere degl’amministrati, e Voi Signori, non occorre dirlo, siete stati sempre premurosi onde col vostro lavoro questo scopo sia raggiunto.

» È doloroso per un Assessore della Finanza lo additarvi soltanto che nuovi gravami quanto prima devono pesare sui contribuenti. Egli non avrebbe avuto il coraggio di pronunziare questa ingrata parola, se il dovere del suo officio non glielo avesse imposto. Ma, o Signori, lo scopo di questa esposizione sullo stato finanziario del Comune non è soltanto rivolto a dimostrarvi l’attuate sua situazione, la quale mercè i nuovi rincari delle tasse potrebbe mantenersi in equilibrio, ma esso tende sopratutto all’avvenire. L’attuale Assessore della finanza Comunale è amico, o Signori, dei grandi nuovi lavori in progetto, onde Roma sia degna Capitale d’Italia; ma crede nel tempo stesso suo dovere di presentarvi francamente e lealmente quale futura posizione si farebbe alla nostra finanza. Si decretino pure nuovi e grandi