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vescovo tusculano, il quale lo ebbe poi sempre accettissimo in fino che visse. È ammirabile come, scorto quasi da un interno impulso che lo spingeva a grandi cose ed insolite, giovinetto di anni quindici, dicesse in versi le vicende avvenire della sua vita. La poesia, che quì ci piace riferire in parte, si potrebbe facilmente credere dettata dopo ch’egli salì tanto alto di fortuna e di potere, se fino dal 1772 non si leggesse stampataa. Vi dice egli dunque di se medesimo parlando:

    «...Giungerò là dove
Mi guida dolce amabile desìo,
Che di bella speranza esser si pregia
Parto gentil, che via pur troppo al cuore
Mi fa invito e lusinga. Aspettan, sollo,
Me onor, gloria, ricchezze, al bell’oprare
Sprone e conforto desïabil. Certo,
È questo il fato mio; questa è la tela,
Che tra le man del ciel per me s’intesse».