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cello, strano, – una specie d’uccello, che avrà che fare coll’ornitologia, ma non so se abbia diritto all’ingresso d’una cucina; – una specie d’uccello che, a casa mia non ho mai veduto nè per aria, nè sullo spiedo. Io non so dove trovi quegli uccelli il trattore; – mi pare impossibile, che un cacciatore li trovi; e, se li trova, che abbia il coraggio di spendervi sopra una botta. Ma io ho veduto spesso il trattore sur un campanile, e di certo ei vi andava per quegli uccelli, e per noi.

E il Profosso? Mutassero almeno il Profosso una volta la settimana, come avevano cominciato dapprima! Ma dopo una volta non l’anno più fatto. Eccolo là, – è sempre il medesimo Profosso, – col medesimo viso, – col medesimo passo, – col medesimo vestito bianco mostreggiato di rosso, – colle medesime chiavi, – coi medesimi 12 Articoli, stabiliti contro di me, e contro di lui, – col medesimo suono di voce. Fin qui il Profosso non è ancora infreddato, per sentirgli fare almeno una voce diversa. L’unica mutazione, che segua in lui qualche volta, è quella da un casco a una berretta. È un uomo anche egli convinto della disciplina, – convinto dei suoi superiori, – persuaso, che le bastonate sieno un dovere a darle, e a riceverle, come voi siete persuaso a grattarvi in quella parte ove vuole il prurito. – Oh! le strane fantasie della noia! Quante volte non ho io desiderato, per non vedere sempre il medesimo Profosso, di vederlo un giorno con un occhio solo, un altro giorno con tre; un giorno con due nasi; un altro giorno con la bocca sulla fronte; una domenica, quando mi accompagna alla Messa, che camminasse colle mani e coi piedi; un lunedì di vedermelo vestito da donna; un giovedì colla testa vol-