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guarentigia del diritto, – un conforto, uno stimolo ai superstiti; e dal suo sangue usciva una voce, un insegnamento solenne a morire piuttosto che a disertare una causa santa.
E Bruto da quel sangue raccolse quella voce, e se la pose nel cuore. Quella voce gl’intimò primamente a non disperare della salute della patria, – a tentare la sorte incerta delle armi, e così fece; – poi quando a Filippi fu perduta l’ultima battaglia delle Libertà Latine, interrogò quella voce, e gli disse di morire. E Bruto moriva incontaminato, come devono morire le anime sublimi. – Comprese la santità della sua missione, – la grandezza dell’esempio, che andava a dare, – il frutto immenso di cui questo sarebbe stato fecondo nell’avvenire. Il suicidio in lui non fu il consiglio d’uno stretto egoismo, – fu un sacrifizio fatto alla dignità dell’umana morale. Se fosse vissuto, avrebbe commesso peggio, che una viltà; – avrebbe messo in dubbio i diritti dell’uomo; – avrebbe sanzionata la scelleraggine trionfante; – ne avrebbe in certo modo velate le vergogne: – così la lasciò nuda, – così col suo sangue si appellò pei diritti delle nazioni alla vendetta dei posteri rigenerati; – così piuttosto che concederla agli stupri della tirannide volle condur seco la Virtù vergine nella tomba. Bruto, anima esaltata, e inflessibile nell’amore del grande e del giusto, era portato al suicidio dalla necessità e dal dovere. Non gli rimaneva a fare più nulla nè di buono, nè di grande; – non gli rimaneva nè anche di sedersi sulle rovine della patria, e sciogliervi un canto funereo; – le rovine della patria erano ormai lo scanno dei Cesari. – Doveva fuggire? Il pensarlo solo è un sacrilegio; – ma e in qual parte di mondo fuggire? Il