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sce eccentricamente, non è quell’avvoltoio insaziabile, come quando il senno si aggira sopra il suo pernio naturale; – e il dolore vibra il suo pungiglione sopra una carne mortificata. Questo stato di esaltazione, in cui tutte le nostre potenze superando il coperchio hanno dato di fuori, ha prodotto per legge di reazione una pace stanca, un sopore, un dormiveglia nell’anima nostra, che volentieri ella afferrerebbe di nuovo quando si desta, e la pienezza del giorno le mostra a diritto e a rovescio la sua posizione. Ma la natura vive d’eccezioni a controgenio, e quanto più presto può gradatamente rientra nel suo letto.
Una volta per altro, che il carcerato si è stropicciati gli occhi, e gli ha spalancati, ed è desto ben bene, e si accorge, e tocca con mano di essere in prigione, la prima cosa che sente è la sconvenienza di una simil dimora, e il primo pensiere che se gli affaccia è quello di andarsene. Io stesso, che sono un uomo tutto pace, che, se il vento mi porta via il cappello, aspetto che si fermi, e non gli corro dietro, io stesso, – Dio mel perdoni, e chi mi ci ha messo, – ho pensato, prima d’ogni altra cosa, di andarmene. E vi ho pensato così a lungo, e con tanta intensità, che mi maraviglio come questo pensiere nel chinarmi non mi sia caduto giù dal cervello in forma di lima.... E se questo mio cranio verrà in potere del sistema di Gall, e di Spurzheim, quei signori notino bene, e cerchino fra le tante protuberanze buone e cattive, chè troveranno uno scavo fatto dall’idea della fuga, una figura tale e quale come l’ho descritta qui sopra.
Pertanto noi siamo d’accordo; – il primo pensiere del carcerato è quello di andarsene. I mezzi poi per