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dubitate; – non v’ho io già detto, che sa piangere? e, se l’alterezza gli vietasse di piangere per sè, non ha i suoi figliuoli, non ha forse una madre, non ha un amore, una patria?
Io piango, – voi piangete, – tutti piangono. Questo è tal verbo, che ognuno sa e deve coniugare senza bisogno di gramatica. La sventura è qua maestra per tutti.
O Sventura!...................... Tu sei una pianta perenne, che non temi vicenda di stagione; il sereno e la procella egualmente ti alimentano. Il tempo, che coll’ala instancabile corre rovinando ciò che gli si para di fronte, quando giunge dinnanzi al tuo simulacro chiude l’ala, e oltrepassa adorando. – Il genio avvalorato dal grido delle plebi umane ha tentato sovente di atterrare il tuo Nume, ma indarno. La Fatalità ti protegge, – e i conati del Genio e delle moltitudini si sono spezzati contro di te, come la spuma contro la rupe..... – Il mondo è tuo retaggio assoluto; – e se il tuo spirito gode aggirarsi fra le rovine, – gode pure insinuarsi come il serpente fra l’erbe e i fiori. Tu puoi rivestire anche l’aspetto dell’allegrezza; – e non v’è una razza stranamente infelice, che ha sempre il sorriso sul volto, e il pianto eterno nel cuore? – questi son più d’ogni altro infelici, appunto perchè non sembrano. – La vita ti appartiene intera; – tuo è il primo vagito dell’infante, – tue le tradite speranze del giovane, – tuo il gemito estremo della vecchiaia..... Non v’è nessuno, che trapassi da questo pellegrinaggio ai riposi della tomba senza avere offerto nel tuo santuario il suo obolo, – senza averti dato almeno una lacrima, – una lacrima spremuta dal più puro sangue del cuore. Tu non ammetti privilegi, e stampi il tuo