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gione e di memoria, che sia rimasta intatta nel naufragio della tua mente; – questo pensiere è la tua vera agonia; – agonia di coscienza, e di sensibilità; – questo pensiere ti fa dubitare di Dio, ti fa sorridere infernalmente. Misero padre! hai tu commesso un delitto infinito per meritarti un tormento infinito?

Ma dunque è morto quel pover’uomo? e chi gli ha asciugato l’ultima lacrima? chi gli ha chiuso gli occhi, chi l’ha baciato cadavere?

Il pover’uomo non è morto ancora, – almeno giova sperarlo. E s’ei fosse morto, chi l’avrebbe potuto sapere finora? Presso a poco è trascorsa una giornata, e il soprastante non ha anche aperto quell’uscio. Cosa importa al soprastante, se il Povero sia morto o vivo, purchè sia in prigione? Cosa importa al potente, che esista un povero di più o di meno? Non è egli il padrone del carcere, dell’esilio, e della scure, l’arbitro della vita e della morte, del Torto e del Diritto? Il potente di rado è iniziato ai misteri della sciagura; e una volta che sia, non è più potente; – ma s’ei potesse sapere e sentire quanti dolori gemono, quante lagrime piangono sotto ai suoi piedi, forse gitterebbe lo scettro con quel ribrezzo come se avesse tenuto un aspide. Chi mai l’educa a simpatizzare coi suoi fratelli di carne? Chi gl’insegna, che il dolore solo è re della terra in eterno, e che la Sorte dona colla destra, e toglie colla sinistra? Chi gli rammenta l’uguaglianza solenne, universale, del sepolcro? Chi lo consiglia a compatire le debolezze, le colpe, e gli affanni d’una schiatta dannata a travolgersi fra l’ignoranza e il bisogno? Chi gli fa sapere, che l’errore è un elemento organico dell’umana natura, e che un uomo solo non è mai infallibile? Chi lo sospinge a chinar