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― Certamente, e dev’essere un palazzo con due riuscite. Eccovi la letterina; fate che recapiti con bel garbo. Già non ci andrete voi?

― Eh! diavolo! che mi crede ammattito affatto? Son uomo di mondo anch’io, e nessuno mi deve insegnare. Non pensi, si lasci servire. Ci mando la mia Rosina, e la cosa vien fatta d’incanto. Ha null’altro da comandarmi?

― Null’altro per ora.

― Dunque la lascio in libertà; riposi bene; buona notte.

― Buona notte. ―

Ed io scrittore, che sono in prigione anch’io, e non ho nessuno che me la dia, giacchè la buona notte mi è capitata sotto la penna, me la dò da me stesso, e faccio conto di andarmene a letto.


CAPITOLO XII.


― Ma il Povero dov’è rimasto? ― Che v’importa del Povero? se, invece di essere freddamente curiosi, voi foste pietosi anche a mezzo, non mi avreste lasciato andare solo solo a cantargli l’esequie; ma mi sareste venuti dietro, – vi sareste arrampicati uno sull’altro per arrivare alle sbarre della prigione, – avreste consolato quel misero colla vista d’un volto umano, – vista più cara del cielo in quella oscura solitudine; lo avreste chiamato per nome, – gli avreste gittato un pane, una parola soave di compianto; avreste infuso olio e vino nella ferita, come il Samaritano dell’Evangelo; – e invece avete fatto peggio del Fariseo, – non gli siete passati neppure d’accanto. Che v’importa del Povero? Non siete voi freddamente curiosi? Non siete voi egoisti? Non siete