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è tentato di frugarsi le tasche, perchè non ha tasche; – e, quand’anche le avesse, cosa dovrebbe cercarvi mai? Egli dispererebbe di trovarci un picciolo, posto ancora che li scudi belli e coniati piovessero giù dal cielo come le goccie dell’acqua. E in verità io credo, ed egli crede, che non ci troverebbe un picciolo: – forse un conto, che non ha potuto pagare, e che lo manda in prigione, – forse un rosario, se pure la Miseria col suo fiato ardente non gli ha cancellato dall’anima quel segno lieve di fede, che l’amor di sua madre v’impresse quando egli era un fanciullo.

Arrivato in fondo si volta, ma come una macchina; sta un istante fra il sì e il no: poi cerca di condurre sulle labbra un sorriso, e tenta di farlo, – ma il soprastante con un volto di pietra gli disfà quel sorriso cominciato appena a incresparsi. Egli allora si smarrisce, – tituba, – gli sembra che il suolo si avvalli; – era pallido pallido, e in un lampo si colorisce d’un rosso febbrile; – cerca una parola, e non la trova; – se avesse il cuore pacato la troverebbe di certo, ma un nodo di affetti gli scompiglia la mente, gli chiude la gola. Quegli affetti sono troppi, e troppo forti; – si affacciano tutti in un gruppo, – possono sboccare. Però se tu guardi attento, su quella faccia v’è un’espressione di preghiera, – un senso profondo di supplica, – non per sè, – ma per altri. Vorrebbe dir mille cose, – alcune poi vorrebbe dirle pregando, dirle anche piangendo; vorrebbe che portassero a casa sua una parola di amore, una consolazione; e se invece d’un carceriere avesse un uomo dinanzi, lo supplicherebbe di portare almeno un pane ai suoi figliuoli. Poveri suoi figliuoli! aspetteranno la sera, quando