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mostrato in ogni tempo la sua gran forza, massime nella difesa dell’ordine esistente. Nè ci stenderemo più avanti in queste vedute del Sismondi, chè sarebbe soverchio, aggiungendo, che gran senno e molto del vero contengono, se non che tra mezzo apparisce non poco del falso moderno, e un lasciarsi andare alle simpatie e alle antipatie più di quello che non convenga a scritture di così grave natura.

Nelle altre due parti che portano il titolo di – Studi sull’Economia politica, – s’incontrano molte cose profonde, e degne di meditazione in quei punti, che toccano la proporzione tra il prodotto e il consumo, la rendita sociale, la divisione della proprietà fondiaria, le massime della scuola crematistica, e la grande applicazione che se n’è fatta in Iscozia rispetto ai contadini, le cause della miseria dei contadini in Irlanda, e della prosperità di questi in Toscana, la schiavitù dei contadini, l’agricoltura nella campagna romana, e i mezzi di ripopolarla etc. Avverrà talvolta, che il lettore non si trovi d’accordo in certe vedute dell’Autore; che certi mezzi da lui consigliati per ottenere un miglioramento si stimino inefficaci, o forse impraticabili; – ma nessuno può non riconoscere l’animo e l’intenzione da cui derivano i suoi lavori. L’idea fondamentale, che in questi lo conduce, è che la società si è formata per raggiungere il bene comune, che da questo fine sgorgano i diritti dei suoi membri, che per questo ha modificato o cambiato la sua originale eguaglianza, e che tutti per l’utilità universale hanno rinunziato al diritto di siffatta eguaglianza. Più sopra abbiamo veduto cosa egli pensasse dell’eguale esercizio dei politici diritti; e qui pensa, che l’eguale divisione dei beni porterebbe miseria e barbarie. In ultimo