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melodie vi culla i sensi in una calma profonda. ― O poveri! Voi siete ricchi di pazienza, – e Dio.... vi mantenga perenne quel dono. Che se un giorno la perdeste, se rompeste le dighe che al presente vi contengono, qual sarebbe allora la faccia del mondo? La gerarchia sociale resisterebbe al fiotto dei vostri milioni? la piramide starebbe, quando si scommovesse la base? Cosa sarà la superficie di questo suolo, quando il vulcano l’avrà lambita colle sue mille lingue di fuoco?
CAPITOLO VI.
Ma ripigliamo il filo del nostro racconto. Dove siamo rimasti? Sarebbe bella che me ne fossi scordato! Lasciatemici pensare un momento: buoni, buoni, – ho ritrovato il filo. ― Ma, di grazia, stateci attenti ancor voi, – io sono avvezzo troppo a divagare, tanto che non mi sembra neppure. Quando vedete ch’io prendo il largo per menarvi chi sa dove, – forse in un pantano, – forse sur un prato fiorito, – allora tentatemi per un braccio, – tiratemi una falda, – rimettetemi insomma sulla vera strada. Io n’ho di bisogno, – voi lo vedete da voi; – non posso camminar diritto, – serpeggio sempre, – ormai è un vizio che s’è convertito in una seconda natura. ― Per questo ho stimato bene avvisarvene. ― Uomo avvisato, mezzo salvato.
Sta tutto bene, ma un altro poco, s’io non me ne accorgo per tempo, il filo mi sfuggiva nuovamente di mano. ― Su dunque all’opera.
Ecco il Povero viene. Vedetelo là in mezzo a quella massa di popolo, che lo preme, e lo incalza nel suo tristo destino spensieratamente, come il cavallone