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E per non dire dei più antichi, e di quei tanti che trattarono la Storia delle Arti, Roscoe, Hallam, Shepherd, Perceval, Ginguené, Daru, Fauriel, Artaud, il Duca de Luynes, Lebret, Bouterweck, Voigt, Schlosser, Savigny, Raumer, Hurter, Rancke, Witte, Leo, Gervinus, Barlhold, Höfler, C. Meyer, Rudelbach, Gaye, Papencordt, Dönniges, ed altri molti, hanno pagato un ricco tributo di devozione e di affetto al bel paese ove il sì suona. Ma più di tutti è da nominarsi il Sismondi, e per quanto egli si occupasse seriamente d’altri popoli ancora, e d’altri paesi, il suo cuore appartenne all’Italia, e agli Italiani, e s’immedesimò nella gloria e nella grandezza di lei, e partecipò caldamente ai suoi avversi destini, considerando quella terra come sua patria, e come amici e fratelli i suoi abitatori.
Gio. Carlo Leonardo Sismondo De Sismondi, nacque a Ginevra il 9 maggio 1773. Egli apparteneva a famiglia di origine Toscana, e nel Canto XXXIII dell’Inferno di Dante, Ugolino della Gherardesca insieme ai Gualandi e ai Lanfranchi rammenta i Sismondi tra le grandi casate di Pisa. Al principio del Secolo XVI questa famiglia cambiò l’Italia colla Francia, e dipoi colla Svizzera francese. Egli non aveva anche bene 20 anni, che la Rivoluzione lo cacciò co’ suoi in Inghilterra, e ritornato lo multò di pecunia e di prigione, poi lo ricacciò di nuovo, ma questa volta in Toscana, dove sulle prime, e durante la conquista francese, ebbe a sostenere più e diverse vicende. Per la qual cosa nel proemio agli Studi sull’Economia politica si esprime per tal modo: «Per lo spazio di 16 anni io sono stato iteratamente il giuoco delle rivoluzioni, che la lotta cominciata nell’ottantanove suscitò in ogni parte del corpo