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VI.


Presso alle mura di Chillon giace il lago Lemano; mille piedi giù nel profondo le masse dell’acqua s’incontrano, e scorrono; tanto fu misurato dal bianco baluardo3 di Chillon, che intorno è recinto dall’onda: e il muro, e l’onda, ne hanno fatto una doppia prigione, – un sepolcro di vivi. La volta oscura dove eravamo, giace sotto la superficie del lago: noi lo sentivamo fremere di giorno e di notte sulle nostre teste; ed io nell’inverno ho inteso lo spruzzo delle acque bagnare le ferriate, quando i venti erano alti, e imperversavano pel cielo felice; ed allora la roccia tremava, ed io immoto accoglieva quell’urto, perchè avrei sorriso alla morte, che mi avesse fatto libero.


VII.


Io dissi, che il mio secondo fratello si consumava; io dissi, che il suo cuore potente sveniva: il cibo gli venne a fastidio, e non ne prendeva; non già che fosse mal dilicato, perchè noi eravamo avvezzi al pasto del cacciatore, nè il cibo ci dava pensiere. Il latte dalla capra montana fu scambiato con acqua dello stagno; e il pane era quel pane, che le lacrime dello schiavo bagnano da mille e mille anni, dopochè l’uomo per la prima volta chiuse i suoi simili come bruti in una prigione di ferro. Ma a noi, o a lui, che importava del pasto? Ciò non gli affliggeva il cuore, o le membra: l’anima del mio fratello aveva tempre siffatte, che in un palazzo sarebbe affreddata, se gli avessero negato di respirare libe-