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indietro; il velo della morte lasciò quegli occhi un momento, – egli guardò desioso in faccia al mio Zio Tobia, poi al figliuol suo, – e quel legame della vita, sottile come era, non si ruppe! Ma la natura all’istante riprese il suo corso; – gli occhi si velavano di nuovo, – il polso batteva, – si fermava, tornava a battere, – balzellava, – si fermava da capo, – si moveva, – cessava: – devo dir tutto? – no. – Quanto bisogna aggiugnere è che il mio Zio Tobia, e il giovanetto Le Fever, come capi del funerale, accompagnarono il povero Luogotenente alla fossa. Quando il mio Zio Tobia ebbe convertito ogni cosa in danaro, – e aggiustato ogni conto fra l’agente del reggimento e Le Fever, – tra le Fever e tutto il genere umano, – non gli rimase più nelle mani che una vecchia veste militare, e una spada, di modo che il mio Zio Tobia incontrò lieve o nessuno ostacolo dal mondo, per amministrare quel patrimonio. Diè la veste al Caporale, dicendogli: ― portala, o Trim, finchè sta insieme, per amore del povero Luogotenente. – E questa, – diss’egli, recandosi in mano la spada, e la trasse dal fodero nell’atto che favellava, – e questa serberò a te, o Le Fever. È tutta la fortuna, o mio diletto, che ti ha lasciato Dio, – ma se ti ha dato un cuore, onde aprirti con essa un varco nel mondo, – e da uomo onorato, basta per noi. ― Appena il mio Zio Tobia gli ebbe dati i primi rudimenti, e insegnato a iscrivere un poligono regolare in un circolo, lo mandava alla pubblica scuola, – e quivi dimorò sino alla primavera dell’anno suo diciottesimo, – tranne le feste del Natale, e della Pentecoste, chè allora il Caporale puntualmente andava per lui; – allorchè la nuova, che l’Imperatore spediva in Ungheria un’armata contro i Turchi, gli accese in seno