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dico, e si pose a letto e si addormentò. La mattina vegnente il Sole appariva splendido agli occhi di tutti, fuorchè a quelli di Le Fever, e dell’afflitto suo figlio. La mano della morte pesava a Le Fever sulle palpebre, – e gli avanzava tempo di vita quanto appena ne mette una carrucola di cisterna a far tutto il suo giro, allorchè il mio Zio Tobia, essendosi levato un’ora prima del solito, entrò nella camera del Luogotenente, e senza preambuli o scuse si pose a sedere accanto al letto, e senza cerimonie aprì le cortine a quella guisa che avrebbe fatto un vecchio amico e fratello ufficiale, – e gli domandò come stesse, – come avesse riposato la notte, – di che si dolesse, – ove fosse il suo male, – e che potesse fare per sovvenirlo; – nè gli dava tempo a rispondere a nessuna delle dimande, – ma seguitava a dirgli del piccolo divisamento combinato per lui la notte avanti col Caporale. ― Voi verrete, o Le Fever, direttamente a casa mia, – disse il mio Zio Tobia, – e manderemo pel medico a veder che mal sia, – e avremo lo speziale, – e Trim vi farà da infermiere, – e io da servo, o Le Fever. ― Avea tal franchezza il mio Zio Tobia, – non l’effetto della familiarità, ma la causa, – che di súbito ti metteva nell’anima sua, e ti mostrava la bontà della sua natura; – e negli sguardi, nella voce, e nei modi, traspariva certa cosa, che accennava eternamente allo sventurato di ripararsi sotto di lui; talchè il mio Zio Tobia non era giunto a mezzo delle cortesi offerte, che faceva al padre, e il figlio insensibilmente gli si era accostato ai ginocchi, – e preso un lembo della sua veste lo tirava a sè. Il sangue e li spiriti di Le Fever, che più e più sempre si facevano torbidi e freddi, e si ritiravano all’ultima cittadella, il cuore, – ricorsero