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le sedie all’unica panca, – i cristalli all’unico orciuolo di terra cotta. I valletti sudano attenti e in silenzio. ― «Fate piano con quello specchio, – badate al canterale, è nuovo di zecca; – ehi! quel Napoleone non è mica di piombo, è d’alabastro, – voi lo maneggiate come una brocca, – sagratissimo diavolo! – ci vuol maniera, – badate, ve lo dico, chi rompe paga; – dove sono i vasi dei fiori?» ― Così grida affannata la voce chioccia del soprastante, e non si cheta più mai.

In questo mentre il signore ha girato per tutti i versi la nuova abitazione; – ha veduto e riveduto minutamente, – ha disposto dove far la tal cosa dove far la tal altra; – dove dormire, – dove vegliare, – dove pensare, – dove non pensare. Ha fatto di quando in quando diverse dimande, e il soprastante spesso gli ha risposto un no invece di un sì, e viceversa. È un cattivo momento per discorrer con lui, – ha l’animo troppo internato nell’assetto delle tre camere, e cotesto pensiere gli ha rubato la mano. Ella è finita, – vuol farsi onore, nessuno lo frastorni, – tanto non dà retta a nessuno.

Laudate Iddio! l’assetto è finito, – si può respirare, – respiro anch’io. Con un’occhiata i valletti son licenziati, e se ne vanno. Alla buon’ora. Adesso il soprastante è contento; – se lo guardate bene nella statura, vi pare un dito più alto. – Si asciuga il sudore della faccia, – si raffazzona i capelli, – compone lo scompiglio delle vesti, – si scuote d’indosso la polvere, – si mette in somma in buono stato, – nello stato di comparire come un galantuomo. Dopo si rivolge al signore con un mezzo sorriso tra la compiacenza e l’orgoglio, e il signore gli corrisponde tentennando con bel garbo la testa. Ora è tempo che anch’ei