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Strasburgo stato sovrano! Strasburgo munita di cinquemila dei migliori soldati che sieno! Ahi! se ora fossi alle porte di Strasburgo, non mi farebbero entrare per un ducato, nè per uno e mezzo; – è troppo; – e il meglio è tornarsi all’ultimo albergo da dove sono passato, che fermarsi io non so dove, o donare io non so quanto. Il viandante così meditando girò la testa del cavallo, e giunse all’albergo tre minuti dopo che il Forestiere era stato condotto alla sua stanza. ― Abbiamo del lardo, e del pane, – diceva l’oste, – e all’undici avanzavano tre uova, ma un Forestiere, che arrivò, non è un’ora, se le fece acconciare in frittata, e non abbiamo più nulla. ― Ahimè! – disse il viandante; – affaticato come sono, non mi bisogna che un letto. ― E morbido quanto altro mai dell’Alsazia, – riprese l’oste, – e ci avria dormito il Forestiere, perchè è il migliore che io m’abbia, se non era per via del suo naso. ― Gli è forse venuto un flusso di sangue? – favellò il viandante. ― No, ch’io sappia, – diceva l’oste, – no davvero; ma Giacinta, (e in questa accennava dello sguardo la fantesca), immaginò, che il letto non fosse capace tanto, che egli vi potesse rivolgere il suo naso. ― Come mai? – sclamò il viandante, facendosi indietro. ― È un naso tanto lungo, – ripigliò l’oste. Il viandante fissava gli occhi sopra Giacinta, poi li fissava al suolo; si piegò sul ginocchio diritto, e si pose una mano sul petto. ― Voi già non beffate l’ansia del mio desiderio? – diss’egli, come risorse. ― No, in verità, – rispondeva Giacinta, – è un naso magnifico. ― Il viandante s’inginocchiò nuovamente, – si pose la mano sul petto, – e guardando al cielo diceva: ― tu m’hai condotto al termine del mio pellegrinaggio; egli è Diego. ― Era