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ceste, ma scrivo le vostre lodi. Mostratemi una città così travagliata dalla espettazione, senza mangiare, bere, o dormire, o pregare, o intender le voci del cielo e della natura, pel corso di giorni ventisette, e ditemi poi se avrebbe sostenuto un giorno più a lungo! Al ventottesimo il Forestiere cortese aveva promesso di ritornare. Settemila carrozze, (e credo, che Slawkenbergius abbia sbagliato nel conto), settemila carrozze, quindicimila calessi a un cavallo solo, ventimila carri, si affollavano insieme serrati, e pieni di senatori, di consiglieri, di sindaci, di beghine, di vedove, di mogli, di vergini, di concubine etc. La Badessa di Quedlingberg con le sue quattro prime dignità guidava la processione in una carrozza, e il decano di Strasburgo con le quattro prime dignità del suo Capitolo le veniva alla manca; i rimanenti seguitavano a rifascio come meglio potevano, – a cavallo, a piedi, in vettura, pel Reno, per questa via, per quell’altra; tutti insomma uscivano incontro al Forestiere cortese. Noi precipitiamo alla catastrofe del nostro racconto. ― Io dico catastrofe, (esclama qui Slawkenbergius), perchè un racconto regolarmente disposto nelle parti, non solo va lieto della catastrofe, e della peripeteia d’un dramma, ma gode ancora di tutte le altre parti, che ne fanno l’essenza; ed ha la protasi, l’epitasi, la catastasi, la catastrofe o peripeteia, succedentisi fra loro in quell’ordine, che prescrisse Aristotele, senza le quali, – dice Slawkenbergius, – un racconto non dovrebbe narrarsi ma invece tenerselo in cuore; e in tutte le mie dieci decadi io Slawkenbergius ho tenuto ogni mio racconto strettamente annodato alla regola da me seguita in questo del Forestiere, e del suo naso. Dalle prime parole alla sentinella fino al punto che lascia Stras-