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potrà farne a meno; nè in tutto Strasburgo troverà fodero che le si adatti. ― Non l’ebbi mai, – ripigliò il Forestiere, volgendosi indietro alla sentinella, e mettendosi in questa la mano al cappello; – e la porto, – continuava, alzando nuda la scimitarra, e intanto la mula movea lentamente, – e la porto a difesa del mio naso. ― E lo merita bene, o Forestiere cortese, – diceva la sentinella. ― Non vale un bagattino, – disse il tamburo dalle gambe storte; – è un naso di cartapecora. – Da uomo onesto, – riprese la sentinella; – fuorchè sei volte più grosso, è un naso simile al mio. ― L’ho sentito scricchiolare, – favellava il tamburo. ― Cappita! – disse la sentinella; – ho veduto ben io, che sanguinava. ― Peccato, – sclamò il tamburo dalle gambe storte, – che nol toccassimo tutti e due! – E mentre la contesa durava tra la sentinella e il tamburo, la stessa quistione agitavasi fra un trombettiere e la moglie sua, che per via si erano fermati a veder passare il Forestiere. – Dio ci salvi, che naso! è lungo come una tromba, – disse la moglie. ― E dello stesso metallo, – aggiungea il trombettiere, – come puoi giudicare dallo sternuto. ― È soave come un flauto, – disse ella, ― È d’ottone, – disse il trombettiere. ― Frasche! – rispondeva la moglie. ― Affermo di nuovo, – dicea il trombettiere, – che il naso è di ottone. ― Vo’ saperne il vero, – disse la moglie, – e però vo’ toccarlo con queste mie dita prima d’andare a letto. ― La mula del Forestiere movea così piano, ch’egli intese ogni parola della contesa non solo tra la sentinella e il tamburo, ma fra il trombettiere ancora e la moglie sua. ― No, – diss’egli, allentando le briglie sul collo alla mula, e incrociandosi le mani sul petto nell’atteggiamento di un santo; e la mula seguiva a muover