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speranza, M.*** è tale da farsi saltare il cervello, o tirarsi in un canto, e morir placidamente di fame. – M.*** dunque ha bisogno assoluto, inevitabile, di quattro mila franchi. Mandargli, o, per dir meglio, prestargli di meno, oltre l’essere un assurdo, sarebbe un trattare da ragazzo, da giovanastro scapestrato, un uomo che ha dritto all’amore e alla venerazione di quanti sentono e pensano generosamente. Se egli avesse avuto bisogno di mille franchi, mille ne avrebbe chiesti. La sua natura è troppo semplice e troppo retta, per appigliarsi al miserabile sotterfugio di dire una cosa invece d’un’altra per un pugno di monete più o meno. – Mille franchi dunque non fanno al caso; – un mascalzone senz’altro li prenderebbe, dicendo: è meglio poco che nulla; ma se noi li manderemo al M.***, forse non saprà che farsene; – faremo l’elemosina a chi non l’ha chiesta; umilieremo un nobile spirito; gli rapiremo una delle sue poche illusioni; aggiungeremo un nuovo dolore ai suoi mille dolori.
Pensiamoci di nuovo, e sul serio. Si può, si deve dare un rifiuto a M.***, che promette sull’onor suo di render l’imprestito? Io, che lo conosco da lunghi anni, credo alla sua parola più che al mio core, più che un mercante non crede alla firma di Rothschild. Se M.*** non fosse sicuro della sua promessa, avrebbe detto: – datemi, e non – prestatemi. – Di più, fate a tant’uomo l’elemosina, e rifiutategli invece un imprestito, di mezzo a tutto questo traluce così insultante un pensiero di diffidenza, che non può mancare di giungergli amarissimo al cuore: perchè non ci è angolo del mondo, dove non si possano trovare quattro mila franchi in prestito, – perchè tutto giorno ciarlatani, progettisti, e cavalieri d’industria, trovano