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Rammenta ancora ad A.*** questa elemosina. Gliene parlai Sabato; mi fido della sua memoria, ma non troppo della sua attività.


XIV.


1. ― M.*** scrive da *** che il 15 di Settembre non avrà più da mangiare. In tale urgenza si rivolge a noi tutti, chiedendo in prestito quattro mila franchi, ed obbligandosi solennemente a render la somma fra due anni. – La persona, a cui più particolarmente fu indirizzata la lettera, vede impossibile effettuare il desiderio di M.***, e propone invece mandargli un migliaio di franchi accattato di porta in porta. – Meditando il fatto più quietamente, possiamo asserire ineseguibile affatto l’idea di M.***? possiamo credere che il mezzo termine proposto supplisca al bisogno, e produca l’effetto voluto? – Quando io rammento l’integrità e l’alterezza d’animo di M.***, penso quanta amarezza di passione gli debbono esser costate quelle poche parole d’inchiesta; sento intimamente che M.*** non può esser disceso a questo, fuorchè per forza d’una inesorabile necessità. Egli non è l’uomo che chieda quattro mila fianchi per metter di mezzo nessuno; – non è l’uomo che chieda quattro mila franchi per andare avanti intanto due anni, e non morire di fame. M.***, è vero, ha bisogno di vivere per ora, ma non è un bisogno di vita brutale come la nostra; è un bisogno di vivere per una sublime intenzione, per una speranza che gli apre l’avvenire, e gli fa veder cose, che i più non vedono, nè possono vedere. Se il disinganno a un tratto gli dimostrasse fallace l’intenzione, che gli alimenta la vita, e gli abbuiasse la