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Io ho fatto poco, ma ho fatto quel che ho potuto; X. si esaltò, parlò in stile orientale, promise mari e monti, ma poi non ha venduto nè anche una copia; non ha pensato neppure a comprarne una per sè. – N. è partito precipitosamente, e di certo non ha saputo, o potuto, o voluto consacrare un momento o un pensiere all’amico disgraziato. Intanto il povero S.***, che pensava stampando di galleggiare un tal poco sulla miseria, vi è sprofondato un palmo più addentro. Che si farà egli di tante copie stampate, se la carità degli amici non gliele leva di mezzo? Il suo nome non è un gran nome; le sue cose non sono sublimi; la fama o la moda non può farne oggetto di speculazione libraria; non sono però nè anche cose turpi, o infime affatto, specialmente le Liriche; e a fin di conto sono un onesto espediente adoprato da un uomo di cuore per non ricevere l’umiliazione di un’elemosina nuda nuda. Non facciamo morir di fame chi lavora nella vigna, perchè gli operai si faranno sempre più rari, e poi non è cosa nè giusta, nè prudente.

Raccogliamo pertanto le vele: tutto il discorso è per pregarti di vedere, se puoi darmi via una copia, due, tre, quante più puoi, del libro in questione. Il prezzo è quattro franchi, ossia sette paoli; il tomo è in ottavo, l’edizione piuttosto bella. Se ti riesce, l’avrò caro; se non ti riesce, non temere da me l’anatema, perchè so che la buona intenzione non ti manca. Vale.

1835.

Carlo.