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volentieri anche ogni giorno; ma che devo dirvi? devo raccontarvi delle novelle? Quando io vi ho scritto che sto bene, non ho più altro da dire. La vita del prigioniere è troppo semplice, è troppo monotona; la vita del primo giorno è la stessa di tutti gli altri che seguono, dovessero moltiplicarsi ancora fino a cento mil’anni. Immaginatevi un uomo solo solo, chiuso in due stanze, e padrone di ventiquattr’ore; che deve fare? mangiare, leggere, e dormire, – dormire, leggere, e mangiare; è un ritornello sempre su queste rime. Ed io di fatti non faccio altro. Mi riesce di stare a letto almeno diciotto ore del giorno, specialmente adesso che il freddo comincia a stringere; e vi confesso, che quando mi levo, invece d’essere un uomo di carne e d’ossa, mi sembra d’essere una balla di stoppa. Ma d’altronde, stare a letto non è lo stesso che stare a sedere? Ho provato a passeggiare per le due mie stanzette, ma quel trovarmi ogni momento colla faccia al muro mi dà la vertigine, e mi conviene a smettere. Io dunque sto quasi sempre a letto. Mi ricordo, che Carlo XII, quando cadde in mano dei Turchi, ci stette un anno di séguito senza mai levarsi; io sento di poterlo emulare; voi vedete, che gli uomini grandi in qualche cosa possono essere imitati dagli uomini piccoli.
Noi pure abbiamo avuto i cattivi tempi; un’acqua interminabile, e un vento così feroce, che non faceva stare in piedi le persone. Questa circostanza c’impediva di uscire a prendere quell’ora d’aria, che ci concedono; e di fatti un’ora d’acqua e di vento sarebbe stata una contradizione agli ordini prescritti. Vero è, che questi Signori, avuto un benigno risguardo a tale incidente, ora che il tempo si è rifatto bello