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sione distinta. Egli ebbe queste due potenze dalla Natura, e le corresse e ritemprò alla scuola dell’esperienza, la quale i buoni rende migliori, e i cattivi maggiormente intristisce.
Una era la potenza di sopportare, e l’altra quella di compatire; due virtù uniche forse ad aver titolo legittimo a tanto nome, e certamente indispensabili nel consorzio sociale; poichè sopportare in sè stesso con dignità le traversie e le amarezze, onde si riempie la vita, è segno di forza; e compatire, non in senso sterile e inerte, ma in senso attivo e benefico, compatire gli errori, le colpe, e le sventure nel prossimo, è segno di amore, e ambedue sono i cardini sui quali gira l’umana bontà.
In somma a veder quella testa non si poteva sbagliare, e quella fronte pensierosa, ma di pensieri sereni, non gridava – addietro, – come quasi tutte gridano, ma portava scritto a caratteri scintillanti – entrate. –
Chi ha sofferto veramente di cuore, e ha provato come il mondo abbia le mani troppo ruvide, anche quando intende di medicare, colui solo sa quanto faccia buono trovare un asilo siffatto, quando l’anima è smarrita dal dubbio, o lacerata dal dolore, o assiderata dal bisogno.
E il dubbio, e il dolore, e il bisogno, trovarono in Lui onesta accoglienza, e sollievo pronto, e cordiale.
Il povero segnatamente andava a colpo sicuro, nè riportava indietro il – non ne ho spiccioli, o l’ – andate a lavorare, – monete di conio moderno, ma di lega inferiore assai all’antico – Dio vi consoli, – perchè questo almeno conteneva un’ombra d’affetto, e se non dava nulla alla bocca, dava qualche cosa al cuore, e il cuore anch’esso ha bisogno di qualche cosa.