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simo di quanto riferivasi all’onore e alla gloria di lei. Amò singolarmente la città dove nacque, e non sorse in essa uomo che promettesse bene di sè, cui non cercasse diventare amico, cui non cercasse all’uopo giovare coi mezzi suoi, e con quelli d’altrui, adoperando quella felice influenza che sapeva esercitare sugli animi. Partecipò agli istituti, a tutte le cose utili ed onorevoli, che nacquero tra noi, e non fu per lui se maggiormente non prosperarono.

Fu in quanto a sè modestissimo, e quando faceva il bene non voleva lode, o ringraziamento. Gli piaceva esser buono, le apparenze fastidiva. Ebbe coraggio, e indipendenza d’opinione, qualità, che non gli fecero nemici, perchè sapevasi valere in lui l’amore sincero della verità, non i secondi fini. Rigidissimo nei principi cardinali sui quali posa veramente la morale, fu tollerante, e facile nel resto. Modi ebbe aperti e soavi, onesta ilarità di volto e di spirito, e dal complesso della sua persona partivano getti di vivissima simpatia. Non patì d’invidia, o d’ipocrisia, nè gli furono notati vizi, o difetti capitali. Difetti avrà avuto senz’altro, perchè il carattere umano consiste d’ombre e di lumi, ma leggerissimi, ma tali, che nel consorzio sociale non apparivano infesti, e male di certo non ne venne a nessuno. Fatto è che morì lodato dai buoni, e lodato dai cattivi, e i morti come sapete non si adulano, specialmente quando non si lasciano dietro lo splendore della gloria, o la famiglia potente. Ma questo è pregio veramente mirabile della bontà, svellere il plauso anche dalla bocca dei tristi.

E la bontà di Tacito faceva forza nella mente di chiunque la contemplava. Non era quella bontà facile, passiva, o volgare, che invade i confini della