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sieno, al corpo delle Lettere umori maligni; ma sia necessità naturale, o legge di costume, oggimai ne fanno elemento; e però sarà buon consiglio provvedere, che il male inevitabile ci venga da mani generose. Chiunque finora ha tradotto, e in qual modo tu voglia, ha presentato sempre un’immagine più o meno velata. I pensieri d’uno scrittore trapassando nell’anima nostra tengono assai del moto, e dei colori di quella, e diventano in certa maniera nostra essenza, perchè non si possono ritrarre se non come si concepiscono: – ora una legge arcana ha disposto, che ogni vivente concepisca in un modo, e per la forma, e per la idea, in varie parti diverso dagli altri. Ma gli scrittori originali in tutto il significato non si lasciano svolgere nè per forza, nè per amore. Quei concetti profondamente segnati dell’interna stampa dipendono troppo da chi li creava, e tolti da quella maniera d’esistenza, in che appena usciti della mente si giacquero eterni, non serbano più sembianza della prima natura. Voi tradurrete con qualche grado di agevolezza uno scrittore mediocre, perchè il mediocre è conseguenza piuttosto delle forme, che dello spirito, e le forme essendo una convenzione hanno moltissimi punti di contatto comune. Ma dov’è il magisterio, che vi presti il vigore da muover l’ala dell’anima immensa? – Quel vigore era la stessa anima immensa. – Dov’è il magisterio, che vi insegni a tradurre la soavità del fiore, il raggio del sole, l’afflato divino che distingue dalla morte la vita? Quella potenza d’intelletto indefinita, solitaria, indipendente, che si nomina Genio, è parte immobile del suo cielo natio, e a pochissimi prediletti è concesso fare a quel santuario pellegrinaggio di spirito. Dovranno i più rimanersi nel desiderio di