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tanti la vita, accoglie vigore siffatto, che, per quanto tu abbia l’animo restio, ti doma alla maraviglia; – e se tu hai viscere d’uomo, e leggi la storia di Le Fever, o di Maria, o la morte di Yorick, senza lasciarti andare al sospiro d’una mestissima voluttà, che giace misteriosa negli umani precordi, – ma a pochi sommi è dato di suscitare, – allora piangi della anima tua. La sacra scintilla aborrì la tua polvere, e si rimase nei cieli; – tu ereditavi più larga parte di affanni. Chi dirà l’angoscia ineffabile del cuore assiderato? L’alito delle belle passioni non vi sovverte, che sterili sabbie, incapaci a nutrire neppure il desio d’un affetto: – a che gli fu data la vita? come un freno da rodere. – Nè lo coglie un istante di sublime, onde spezzi quel freno; – e gli anni a lui numerati passano muti d’ogni vicenda, e solamente per piegarlo alla terra, che lo richiama: – il cuore assiderato è il silenzio di una solitudine, donde grida la verità della sentenza, che sopra tutti decretava infelice chi mai non cesse al pianto, e alla gioia. – Si levi adunque uno spirito gentile, che abbia il sentire a dovizia, e sufficiente ingegno, e sappia bene le lingue ambedue, – ma senza intervento di gramatica, – e tenti l’impresa, sperando, che le venture gli correranno propizie, e tutta Italia, e tutti i cortesi gli daranno plauso, e merito conveniente; ma dove questo effetto non séguiti, perchè sulle prime la malignità e l’ignoranza danno tre quarti dei voti nello squittino, allora tenti l’impresa per obbligo di coscienza, e chiuda l’adito a quei molti, i quali, sforniti di verecondia e di mente, ci fanno tal dono di traduzioni, che geme di grave offesa il sacro ufficio delle Lettere, e l’onor nostro, e quello dei forestieri. Sono le traduzioni, o per me credo che