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reno empiono l’aria di bei concenti e nella maremma ammutiscono. Forse, un solo essere, uomo o donna, che gli avesse detto: — «tu soffri; che monta? Dio t’ha fatto per questo: i patimenti sono le sue benedizioni. Dio non t’ha creato per te, ma per gli altri. Soffri e persisti: persisti s’anche tu vedessi calpeste dagli uomini le idee che ti fervono dentro: persisti davanti alla morte: persisti davanti alle delusioni ben più terribili che non la morte. Guarda in alto e nel tuo cuore, e dentro ai sepolcri dei Grandi passati; non altrove. Cos’è il mondo d’oggi per te? Dio non t’ha detto: specchiati negli uomini che ti stanno intorno – ma – va, ama, predica e muori. La mia Legge è il tuo cuore: ivi sono le stelle de’ tuoi destini:» — avrebbe salvato Bini dallo sconforto; certo, ei si sarebbe prostrato davanti a quell’essere, e rialzato meno infelice e più grande. Ma quell’ente ei non l’ebbe. Non che gli mancassero amici; ma i più si tenevano da meno di lui, e non s’attentavano d’ammonirlo; i pochi che lo avrebbero osato, gli vissero lontani e raminghi; nè parole siffatte riescono efficaci, se non quando sono pronunziate, nei momenti d’abbattimento supremo, col bacio dell’amante o colla stretta di mano dell’intima fratellanza. Bini, circondato di simpatia, d’ammirazione, d’affetti modesti e ineguali ai bisogni dell’anima sua, visse e morì solitario. E in questo isolamento morale al quale egli non era nato, ma pur sentivasi condannato irrevocabilmente qui sulla terra, cominciò l’incertezza sulle proprie forze, co-