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travedere; e se scôrse, che l’uomo vuole, o dev’essere eterno giuoco dell’astuto e del forte, la colpa non era sua. Scrisse come vide e sentì, senza badare al grido delle offese passioni, e riuscì modello di virile eloquenza, e di spregiudicata filosofia. Molti l’hanno maledetto senza leggere, molti l’hanno letto senza intendere, e gli uomini di peso l’hanno sentenziato maestro della tirannide. Sì, – ma intanto più volte sostenne i tormenti pel delitto di aver voluto reggere una patria cadente, nè patteggiò colla Fortuna, e il raggio di tanto senno si spense nell’abbandono, e sotto un povero tetto.

La mancanza di una patria Letteratura non è cosa di sì poco momento, come stimano molti. Le Lettere stanno agli eventi, e sono lo specchio delle sorti di un popolo. Nel trecento ebbero in Italia tanta grandezza di origine, e così largo moto, che se gli anni dipoi, corrispondevano a progresso adeguato, oggidì forse avremmo siffatta Letteratura, che le altre d’Europa vergognerebbero tentarne il confronto; e fu veramente secolo d’oro, non pel fracasso che mena il buratto della Crusca, ma perchè le passioni del tempo avevano movimento spontaneo, e lo scrittore, ispirandosi al genio dello stato sociale d’allora, esprimeva riti, costumi, e tendenze, con forme ingenite a quanti avevano anima italiana nel secolo decimoquarto; e riusciva simbolo profondamente morale del popolo, e della età. Le condizioni nel quattrocento duravano con poco divario propizie allo spirito; ma la scoperta dei codici antichi gli diè maschera greca, e latina, e il vivo incivilimento popolare si arrestò, se pur non rifece un passo alla barbarie. Le armi di Carlo V, e un groppo d’altre tirannidi, domavano il cinquecento; – alle menti era nume il ter-