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diritti si possono conciliare col fatto; per altro bisogna farli profondamente sentire; e così sentiti si ottengono.
La virtù del sentire è di Natura; quindi si smarrisce, ma non si perde; e le buone Lettere la desteranno dove fu dalla forza e dall’errore sopita. Quando Dio spirò anima, gl’Italiani ne bevvero il primo fiato; però le buone Lettere faranno in essi mirabil prova, da che la fecero in altre nazioni secondo l’indole, e i casi. Ma perchè la civiltà metta salde radici, e doni alla terra gentile – ardimento, e vigore d’anima nuova, è mestieri che la Letteratura abbia spirito animoso, e pubblico intento, e spregio delle vane apparenze, e amore veemente di gloria. Dopo le spade giovano a maraviglia le generose Lettere esercitate. Il costume corrotto è geloso, e grida offeso di nulla; ma chi sente la virtù del pudore, e dell’ira, tenga lo strepito a vile, e percuota la corruttela di biasimo acerbo. Il biasimo non è una gioia, a meno che tu non sia corredato di quell’aurea imbecillità, onde per molti l’esistenza non ha nè spine, nè fiori; e per amor proprio, e del prossimo, contristati i cortesi discendono al biasimo; ma la lusinga o il silenzio danno baldanza alla colpa, e più largo le schiudono il campo; però chi non teme aprir l’animo suo, usi la dote rarissima, e scuota i pensieri trepidi della vita. La vita è infelicemente breve, e chiusa spesso dal vituperio; la posterità non è cortigiana; nè dalle adulate libidini vien premio, che basti alla infamia; e il suo rimorso è la febbre della vecchiezza. Le Lettere saranno utili e generose, finchè non abbiano barriera, e tengano all’indefinito universo. Però chi professa il pensiere guardi l’universo. Un potente l’ha fasciato di tenebre; ma