Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Si disperava, e non facea più niente.
Voi siete un accidente
Nell’ordin naturale, un uomo nuovo,
Nato non come noi, ma dentro un uovo.
Parole io non ritrovo
Per dir di voi chè lo stupor m’imbriglia:
Non siete voi l’ottava maraviglia,
Un caos, un parapiglia?
Voi non avete d’uopo d’un cartello,
Nè di chi gridi: – vengano a vedello. –
Voi siete un filunguello
Quando cantate, e a lode ve lo reco,
Se di paura fate morir l’eco.
Convenitene meco,
Vi fe’ Natura, e si grattò l’orecchio,
E disse: – questa è seta, e non capecchio. –
La testa come un secchio
Vi fece, destinandola a capire
Un capitale che non può fallire.
. . . . . . . . . . . . .
Io canterò, nè bramo
Mercè: conosco il merito, e l’adoro;
Ravviso in faccia vostra il secol d’oro.
Vergini Muse, in coro
Cantate, come l’Agnol mio gentile
Nascesse in Pisa in un bel dì d’Aprile.
La Stella del Barile
Balenò su quell’alma pur mo nata
E l’ebbe de’ suoi influssi battezzata.
Canta, Musa garbata,
Come apprese il Garzone ogni sapere,
Si fe’ dottore, e diventò bracciere
Con sue dolci maniere
Di Madama giustizia, che gli vuole
Un ben, che non si narra con parole.