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Giove, non ci venir, sii bene esperto,
Beve ogni rosso quest’Agnol terreno,
Nè mette distinzion fra merto e merto.
. . . . . . . . . . . . . . .
Or torno, Agnolo, a voi col mio pensiere,
Quando son vosco l’animo mi gode.....
Ma che vedo? bevete anche il bicchiere?
Agnolo, non lo fate, il vetro rode;
S’intende bere! ma bere anche il vetro!
Basta! bisogna dir: – voi siete un prode;
Un uomo tal, che puote in questo metro
Insegnare a chiunque, un corridore
Che ancora il vento si lascia di retro. –
Moderate un tal poco il vostro ardore,
Ci son degli altri che pure hanno sete,
Voi stabilite il regno del terrore.
Lasciate un po’ di vino se potete;
Ci son degli altri: e se non siete sazio,
Sorbite, quando vengon, le comete.
Capisco ben che avete letto Orazio,
Ma costui loda il vino, e non comanda
Che se ne faccia poi cotanto strazio.
. . . . . . . . . . . . . . .
Voi gli volete proprio troppo bene,
Il troppo stroppia, e qui voi siete tristo.
Del resto siete un uom come conviene,
Un uomo che vorranno celebrare
Le nove Muse in nove cantilene.
E se in Duomo volesse battezzare
La vendemmia, dipoi che ha partorito,
Chiamerebbe voi solo per compare,
S’ella non vi sapesse tanto ardito
Da bevervi la madre col figlioccio,
Senza lasciargli dare un sol vagito.
E a dirvi queste cose io non vi noccio,