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88 capo xx.

citava, il che più vale, una influenza preponderante, continua. Chè l’esercizio del potere, dove l’autorità siede nelle moltitudini, non sta nel diritto, e direi quasi nella meccanica operazione di versare una palla nell’urna, ma nel saper dirigere le mani che devono versarle.

Come scrittore, se badiamo al materiale dei suoi scritti, debbe increscere a più d’uno che molta parte di essi risguardando ad interessi temporanei e locali, siano al presente di nissuna o quasi nissuna utilità; ma se pensiamo agli effetti durevoli che ne derivarono, è certo che pochi altri hanno giovato cotanto al ben essere umano e alla religione. Perchè il lettore misuri l’immensa serie de’ beni da lui prodotti, de’ mali da lui distrutti, non ha che a richiamarsi alla memoria le cose fin qui discorse. Frà Paolo non tramandò ai posteri molti libri, ma molte verità; non tanto si occupò a scriverle, ma a ridurle in costume. Nato in un secolo pieno di superstizioni e di abusi che sotto il giogo di una mano di ferro avvilivano la specie umana, ebbe il coraggio di assaltarli di fronte, combatterli e vincerli, e preparare alle generazioni seguenti un beneficio infinito. Possono bene gli uomini di Curia sfogarsi contro la memoria di Frà Paolo, e gridarlo un empio. Giusto è il loro odio, perchè ha offesi i loro più cari interessi; e giusta è la nostra ammirazione per l’uomo che ha sgominata tanta mole di errori; chè la religione non si ammisura dall’utile che ne ricavano i suoi ministri, ma dalla somma de’ beni che fa rifluire sulla società e dal grado di giustizia e di prosperità pubblica di cui godono i popoli.