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82 capo xx.

minare, conciliare, dedurre principii prima di scrivere quattro righe; bisogna veramente rimanere attoniti non pure dell’attività del Sarpi, ma eziandio della prodigiosa sua memoria e della lucidezza d’idee che così raramente con questa facoltà si accoppia.

Qualunque sia l’argomento da lui trattato, si osserva dappertutto una franchezza, una padronanza della materia, come se in quella sola avesse rivolti i suoi studi. La somma facilità che aveva di colpire un oggetto sotto il suo vero punto di vista, di sottrarne gli accessorii, e di ridurlo ai termini più semplici e meno controversi; e l’altra di vestire le sue idee con forme chiare, efficaci, concise, era cagione che quello che altri non avrebbe spiegato in un grosso volume, egli il faceva in poche pagine, e con maggiore effetto e più soddisfazione, perchè la brevità dello scritto lascia più impresso nella mente il valore delle prove.

E siccome il governo veneto era, di quanti se ne conoscevano allora, quello che nella sua amministrazione procedeva con miglior ordine, non è più meraviglia se faceva così gran conto del Sarpi. Tutto era metodico in quella Repubblica; tutto si scriveva, persino le cose più indifferenti, tutto si leggeva, tutto si conservava; e la maggior parte di quelle scritture andando a far capo nel Collegio che a leggerle e a discussarle si adunava ogni mattina, brevità e chiarezza erano qualità indispensabili.

Quando al Sarpi veniva proposta una questione, egli sbozzava sulla carta l’argomento; il quale, ove contenesse più parti, le astraeva, ed opponeva a ciascuna in ischizzo le obbiezioni e le risposte: indi