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capo xix. | 79 |
se abbia inserito questo racconto nelle sue Memorie, niente altro significherebbe se non che anco gli ambasciatori scrivono delle bugie. Fontenay andò a Roma solamente nel 1641, e prima di quell’epoca non aveva veduta l’Italia. Frà Paolo era già morto da dicianove anni.
In mezzo a tanti lavori il Consultore godette sempre, all’avvenante della sua gracile complessione, di una buona salute; quando nel luglio del 1612, sessantesimoprimo della sua età, trovandosi a grave consulta in casa del cavaliere Servilio Treo, altro Consultore di Stato, fu sorpreso da febbre che procedendo gagliardemente, accompagnata da somma nausea di ogni cibo e bevanda, lo condusse quasi a fin di vita. Egli che desiderava di morire naturalmente, non avrebbe voluto medici; ma il governo gliene mandò buon numero, tra i quali il suo amico Sartorio, onde il Sarpi scherzando disse: «Questo ho io avanzato, che mi conviene ad altri più creder di me, che a me medesimo». Aggravandosi il male, Sartorio lo lasciò sfidato; e il giorno dopo andatolo a trovare, il Sarpi cominciò a burlarsi di lui, nè voleva che gli toccasse il polso, dicendo: «Mi avete ieri così perentoriamente sentenziato a morte, ed ora mi volete accarezzare?» Il medico lo cosigliò a bere latte di asina, ed egli: «Che bel consiglio da amico. Ora che ho sessant’anni volermi imparentare fratel di latte con un asino!» Infine dopo diciotto giorni tornò a ricuperare la sua salute.
Saputa in Roma la grave infermità del Consultore, fu festa in Curia e pareva già di vedere la