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74 capo xix.

cagioni: la prima, la debolezza delle loro armi sì che male potevano resistere a soldati agguerriti e bene difesi; l’altra, la coscienza de’ loro misfatti e la certezza, se andavano presi, di una morte infame; il che gli consigliava a procacciarsi pronta salvezza. Ma se accadeva che fossero stretti da ineluttabile necessità, si battevano da disperati.

Di questa rozza gente fu per più anni vescovo il celebre Marco Antonio de Dominis che molto si adoperò per trarli dalla vita selvaggia; ma gli altri preti e frati nutrivano pensieri diversi, perchè sovvenendo le spese di armamento e partecipando ai ladronecci, trovavano una più comoda via di arricchire che non il meschino traffico delle messe; ond’è che anco agli Uscocchi non mancarono i teologi per giustificarli, e provare che erano i migliori cristiani del mondo, e che il Santo Padre era coscienziosamente obbligato a proteggerli siccome quelli che combattevano in difesa della Bolla in cœna Domini.

Tale è il popolo di cui Frà Paolo ci ha data la storia. Essa può dividersi in tre libri. Comprende il primo ciò che fu scritto da Minuccio Minucci arcivescovo di Zara, dall’origine degli Uscocchi fino all’anno 1602 dopo l’assassinio di Giuseppe Rabatta; il secondo e terzo sono del Sarpi: il secondo comprende l’aggiunta che fece al Minucci dal 1603 sino al 1612; il terzo è il supplimento che tocca fino al 1616: con poche altre pagine avrebbe potuto l’autore compiere la sua narrazione. Tutta l’opera è scritta con ingenua semplicità, ma nella parte dell’arcivescovo vi è molto disordine, e a volta a volta si scorgono i pregiudizi del prete e dell’uomo di