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capo xix. 61

nare in Roma da un vescovo instituito dal papa, laddove solevano prima recarsi a Venezia dove risiedeva più libero altro vescovo del rito loro. Indi (nel 1612) contendendo due Candiotti per causa matrimoniale, ed uno di loro, sostenuto dall’arcivescovo latino di Candia, avendo interposto appello alla nunciatura di Venezia, parve al nunzio buona occasione da cogliersi onde pretendere al diritto di giudicare le cause de’ Greci; ma trovò un intoppo nel governo a cui ricorse l’avversario, difeso dai vescovi greci di Filadelfia e di Candia. Il Consultore chiamato a discutere questa materia, la sviluppò in varie scritture di cui a stampa non si hanno che abozzi o squarci deformi, e che sarebbe a desiderarsi fossero pubblicate per intiero conciossiachè contengano una molto erudita esposizione storica e parallela del jus greco e latino nella disciplina ecclesiastica in genere e nelle cause matrimoniali in particolare. I seguenti squarci benchè imperfetti varranno a darne un saggio.

«Quando i cristiani occidentali ed orientali erano uniti in comunione, egli dice, tutta la Chiesa universale uniformemente sentiva che il principe fosse il primo dopo Iddio, principale nella Chiesa al quale per comandamento divino fossero tenuti di ubbidire non solo i secolari, ma ancora gli ecclesiastici, eziandio vescovi e patriarchi. Essi principi facevano leggi della disciplina ecclesiastica, le quali erano ubbidite dai prelati e latini e greci senza nissuna contradizione. Ad essi principi avevano ricorso i secolari ed i cherici quando erano gravati dai prelati, nè in questo era mai posta alcuna difficoltà. Successa la