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54 capo xix.

pochi mesi dopo l’assassinio di Enrico, fece dire al Sarpi: «Io congetturo, non senza solidi fondamenti, che udita la morte del re sia stato preso il consiglio in Roma di far scrivere a bella posta questo libro onde si appresenti qualche motivo a ricuperare la riputazione perduta».

Per la uccisione di Enrico svanirono i progetti di conquista della Francia, i timori delle due case austriache, e quel regno, abbandonato a debole governo, aveva più bisogno di essere lasciato stare che di molestare altrui. Ad Enrico era succeduto Luigi XIII suo figlio in età minore, sotto la tutela della regina Maria dei Medici; la quale leggiera e vana e non idonea a reggere una generazione inquieta, aveva lasciato luogo a fazioni nella corte, di cui l’una parteggiava per Spagna e voleva pace, e l’altra teneva il contrario. E benchè i gesuiti avessero fama di avere contribuito all’assassinio del re, colle loro arti potentissime sullo spirito di donna superstiziosa e lusinghevole avevano saputo talmente insinuarsi, che si erano quasi fatti necessari, e per loro la fazione Spagnuola si andava avvantaggiando.

La monarchia di Spagna composta di popoli diversi e separati da idioma, instituzioni e costumi, con re molli e la somma delle cose abbandonata all’ambizione de’ ministri, si aggirava in un circolo di viziosa politica, tendente a tutto invadere, a distruggere ogni libertà, a stabilire il principio del potere assoluto e a farlo dominare all’ombra delle superstizioni religiose e della ignoranza. Le quali case essendo contrarie alle inclinazioni del secolo, ne derivava che la guerra, fortunata o infelice, era per