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44 capo xix.

cardinali per dirigere gli affari dell’Inghilterra, perilchè poteva giudicare che quelle congiure prendessero le prime mosse da Roma), obbligò i seguaci della fede romana ad un giuramento che è il fac simile di quelli che oggi si fanno dare tutti i principi dai loro sudditi. Cioè, che sono principi legittimi, che il papa non ha alcuna ingerenza nei loro Stati, che non può scomunicarli o deporli o svincolare i sudditi dal giuramento, e che i sudditi riveleranno ogni congiura o cospirazione contra lo Stato. Paolo V pretese che quel giuramento era contrario alla fede cattolica e in perdizione delle anime; e a’ 21 settembre 1606, durando ancora l’interdetto di Venezia, scrisse a’ cattolici d’Inghilterra un Breve acciocchè non l’osservassero.

Ma quel Breve parve così strano al più dei cattolici istessi, che per onore del papa lo credettero suppositizio, e indotti dalle esortazioni e dai maneggi di Giorgio Blackwell, nominato dalla corte di Roma, con facoltà estesissime, arciprete di tutto il clero cattolico d’Inghiterra e Scozia, quasi tutti prestarono il giuramento. Offeso il papa, l’anno appresso a’ 22 settembre, spedì un altro Breve nel quale confermava il primo, e insisteva sulla non osservanza del giuramento; e il cardinal Bellarmino che aveva conosciuto l’arciprete gli scrisse pure una lettera a’ 28 dello stesso mese ed anno, esortandolo a ravvedersi se non voleva essere dannato. Non perciò l’arciprete si smosse, che anzi a dispetto delle persecuzioni suscitategli da alcuni fanatici, perseverò nel suo proponimento, e coi consigli e coll’opera indusse anco gli altri ecclesiastici ad imitarlo;