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36 capo xviii.

libri eretici fin da Ginevra. L’ambasciatore inglese e i suoi famigliari praticano alla scoperta coi principali patrizi, e con loro tengono discorsi di religione e parlano senza orrore di Lutero e Calvino. Oimè! finiva il papa, parlando coll’ambasciatore de Breves, una volta quella Repubblica viveva bene secondo le regole cristiane; ma adesso a poco a poco vedo che va a rischio di esser dannata. Io spenderei il mio sangue per ricuperarla; ma che fare, se essi non me ne danno il modo? Bisogna dunque prendere un’altra risoluzione e trar vendetta di tanti insulti e di così ostinata disobbedienza. Non nacqui tra l’armi, non so nemmanco maneggiarle, ma pure sono deciso di mettermi alla testa di un esercito, convinto in me stesso che Dio vorrà favorire la sua santa causa». Queste cose, narra l’ambasciatore di Francia ne’ suoi dispacci, le diceva con tanto calore che pareva fuori di sè, e la collera gli fece forse dire più che non voleva.

Nè ai Veneziani mancarono le lamentanze; dicevano che erano stati dal papa ingiuriati con un detto pieno di dispregio; ch’e’ voleva proteggere tutti i preti ribaldi, con scandalo del popolo e pregiudizio del buon costume e della giustizia; che il suo nunzio e il loro patriarca usavano tutti i mezzi illeciti per mettere la discordia nella Repubblica; che con denari e provvisioni facevano disertare quelli che avevano scritto in favor del governo; che comandavano ai confessori di non assolvere quelli che leggessero i libri scritti in difesa di esso; che corrompevano i predicatori, che tentavano la fedeltà dei sudditi e mille altre cose simili.