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capo xxx. 353

coli, e chi diceva di aver ricevuta la grazia, e chi d’averla veduta ricevere. Tra le altre una donnicciuola si vantò pubblicamente di essere stata guarita da una atrofia insanabile nella mano; il suo confessore attestava il miracolo, ella depose la verità in una carta consegnata ad perpetuam rei memoriam negli archivi del convento, e all’altare fu appeso il quadretto per grazia ricevuta. Il governo si compiaceva di queste innocenti superstizioni; e forse pensava che tanto vale credere ai miracoli dell’uno come a quelli dell’altro, quando tutti sono veri ad un modo; ma il nunzio papale, che vedeva in quale brutto imbroglio si sarebbe trovata la Sacra Congregazione dei Riti, mandò in giro i suoi emissari a screditare Santo Frà Paolo, fece levare di furto il quadretto dalla chiesa e adoperò ogni arte per carpire dalle mani del vicario patriarcale le carte che testificavano i miracoli. I quali a dispetto suo e della corte di Roma furono creduti e tramandati alla memoria dei posteri con una iscrizione; ed ha ragione il Padre Bergantini di dire, che se si fosse trattato di qualche altro santo o semi-santo c’era assai più che non è richiesto dall’uso per canonizzarlo, o beatificarlo almeno. Verbi grazia nel 1824 fu canonizzata un San Giuliano; e le prove della sua santità furono dedotte dal fatto seguente raccontato dal Diario di Roma. Ciò è che Giuliano entrando un venerdì in casa di un ghiottone che si mangiava delle allodole, il santo gli fece la bella burla di risuscitarle e farle volar fuori della finestra. Se


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