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capo xxx. 345


Alla mattina il cavaliere Gerolamo Lando, Savio di Terra ferma (ministro dell’interno), accompagnato da un segretario del Senato andò a mettere i suggelli sulle carte del Sarpi di appartenenza pubblica, che a miglior comodo furono poi ritirate e deposte negli archivi. Indi fu aperto il convento e la cella ai curiosi che accorsero in gran folla a contemplare le ultime reliquie dell’uomo famoso; e vedendo il lutto de’ frati, e udendo i mesti racconti, e le compiante ricordate virtù, e la pietà sincera, e il sì lungo e penitente genere di vita, e il placido morire, meravigliavano come senza vergogna, da gente oziosa e grassa, potesse essere un tant’uomo sentenziato ipocrita ed empio.

La morte di Frà Paolo, accolta in Roma con festa, fu accompagnata in Venezia da un feriato di dolore. Il Collegio volle avere una particolare informazione degli ultimi suoi momenti, e il Senato come di lutto pubblico ne diede avviso col mezzo dei suoi ambasciatori alle corti di Roma, Vienna, Francia, Spagna, Inghilterra. Milano, Napoli e alle repubbliche degli Svizzeri e di Olanda. Magnifici furono i funerali; oltre ai Serviti che formavano due grossi conventi in Venezia, accompagnarono il feretro più di 200 altri frati, tra Domenicani, Francescani, Eremitani e Carmelitani, e concorso meraviglioso di popolo. Il governo supplì alle spese. Nè qui finirono gli onori. Frà Fulgenzio voleva a sue spese erigergli un monumento; il priore Amante, a nome del convento, voleva erigerne un altro; ma il Senato s’intromise e dichiarò che a lui si aspettava questo debito verso chi tanto fedelmente e in