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smentirli. Essendogli parlato un giorno di un Capitolo che doveva presto convocarsi per eleggere il priore, rispose: Pensateci voi, che io non mi ci troverò. Quando imprendeva qualche cosa, soleva dire a’ suoi famigliari: Facciamo presto, che siamo al fine della giornata; e spesso conchiudeva le sue orazioni mentali col detto della Scrittura: Nunc dimittis servum tuum, Domine. Insomma la morte era da lui incontrata colla fiducia di una coscienza sicura, e come premio di una lunga e laboriosa vita.

Il giorno di Natale essendo entrato Frà Fulgenzio per augurargli il consueto ad multos annos, Pater, egli gravemente rispose che quello era l’ultimo della sua vita; e già pareva assai languido e scaduto.

(1623 6 genn.) Il dì dell’Epifania prese medicamento, ma chiamato al Palazzo e non volendo scusarsi, andò e tornò con manifesto peggioramento. Quello e il seguente giorno non potè prender cibo nè riposare la notte; ma costante nel suo modo di vivere, non volle mai confidarsi al letto. Alla Domenica (8 gennaio) si levò mattutino come al solito, celebrò la messa, mangiò in refettorio, e dopo il pranzo passeggiò lungamente con Luigi Secchini suo affezionato amico (figlio del già menzionato Domenico Secchini), il quale accortosi che era male andato, lo consigliò a coricarsi; il che fece al modo suo, sdraiandosi sopra una cassa, raccolto in una coperta.

(9 genn.) Il lunedì nel levarsi fu sorpreso da una estenuazione totale di forze; gli tremavano le gambe, non poteva più reggersi e nauseava il cibo, sì