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capo xxix. 321

sime istesse del jus pontificio, e all’uso fino allora stabilito, ed essere in piena facoltà del doge di eleggere a conservatore ed esecutore della Bolla cui più gli piacesse. Questa massima dava all’autorità civile grande independenza e le attribuiva la più estesa facoltà per impedire i disordini e’ soprusi nella nominazione ai beneficii, e tagliava di corto le liti decidendole senza bisogno di ricorrere a Roma dove erano tirate per le lunghe con incomodo e spesa de’ privati e pregiudizio della potestà civile. Frà Paolo riconosce e professa in più luoghi de’ suoi scritti in principio che la potestà ecclesiastica non si estende al di là delle cose spirituali, ed anzi è il primo che l’abbia sviluppato con chiarezza e istorica precisione; ma l’età non essendo anco matura per ridurlo in pratica, a sparmio di dispute preferiva, ad occasione opportuna, di combattere le pretese de’ Curiali colle istesse loro armi, come nel caso anzidetto. Andò più oltre nel seguente.

(1621). Un pievano, la cui elezione era stata riprovata dal patriarca, aveva appellato alla nunciatura e impetrato Brevi da Roma, donde nacque un conflitto di giurisdizione. La Corte Romana a viemeglio dominare i popoli aveva introdotti negli Stati altrui i tribunali della nunciatura rappresentati dai nunci, che a loro avvocavano le cause dette ecclesiastiche frodandone i giudici naturali con danno de’ particolari e profitto della Curia che ne traeva danari e potenza. Le esorbitanze di questo tribunale e le sue usurpazioni sulla autorità politica obbligò i re di Francia, di Spagna e di Napoli, e i principi di Fiandra a circoscriverlo con leggi repressive. La


Vita di F. Paolo T. II. 21